Cristologia e Pneumatologia

[text manuscriptic, note pentru curs]

Per entrare nel vivo di questa relazione desidero ricordare le parole del Metropolita di Pergamo, Ioan Zizioulas, pronunciate a Bari qualche hanno fa, in occasione della sua conferenza dal tema „La dimensione pneumatologica della Chiesa”.

Egli sosteneva che l’accusa di „cristomonismo” contro la teologia occidentale non è giustificata, in quanto nella tradizione cattolica  il posto dello Spirito e stato sempre centrale. La mia posizione, in questa questione, dice il Metropolita, e che la teologia occidentale, sia cattolica che protestante, non è stata mai cristomonista, al contrario, essa è andata cosi lontano che ha sottolineato la pneumatologiaa a danno della cristologia.

Il problema che ho sotolineato, come mio contributo, non riguarda il „cristomonismo”, ma riguarda la giusta sintesi tra cristologia e pneumatologia, in relazione alla eccelsiologia. Credo che e questo il problema che va trattato nel nostro dialogo teologico”.

Anche noi non abbiamo l’intenzione di parlare sulla  cristologia e pneumatologia in modo separato, ma per mettere in risalto il legame interiore tra il Cristo e lo Spirito Santo, nella luce delle relazioni personali nel campo della Santissima Trinita. Si afferma spesso che ci sono due modi diversi da intendere la processione dello Spirito Santo  nella sua relazione con il Padre e con Il Figlio.

D’una parte, si dice che la processione dello Spirito Santo avrebbe una connatazione personale, in quanto viene dal Padre solo e rimane nel Figlio, perché al di là del Figlio non si trova un altra persona verso la quale il Padre  manifesti il Suo amore.

D’altra parte, si considera che la processione dello Spirito Santo avrebbe una conntazione sostanziale, in quanto viene dal Padre e dal Figlio, per riposarsi nella natura divina che viene dopo le persone trinitare. Dal punto di visto ortodosso, la seconda alternativa non è giustificata, perche non cè nessuna  natura divina che venga dopo le persone, in quanto la natura divina costituisce il contenuto interiore della persona.

Il legame indissolubile  tra la natura divina e le persone trinitare è stato sotolineato, in ultima tempo, anche dalla teologia cattolica ufficiale. La Commissione Pontificia per l’unita dei cristiani ha fatto una dichiarazione  con la quale prende le distanze dal Concilio di Lione (1274) e da quello di Firenze (1439), che davano l’impressione che la formula utilizzata, „tamquam ab uno principio”, (cioè che significherebbe che lo Spirito procedesse dal Padre e dal Figlio, come da unico principio), si riferisce alla natura divina considerata in se stessa  e separata dall’ eterno Padre.

Da quanto appare dalla dichiarazione su citata, il Concilio Lateranense nel 1215, ha sottolineato che non l’essenza divina è cio che costituisec il principio della processione dello Spirito Santo, ma il Padre, nella misura nella quale resta il Padre del Figlio.(41) Sulla base del legame  indissolubile tra la natura divina e le persone trinitarie, messa in risalto sia dalla teologia ortodossa quanto da quella cattolica, ultimamente, si puo arrivare alla conclusione che lo Spirito  Santo, che procede dal Padre e rimane nel Figlio,  ripresenta  il legame interiore tramite il quale il Padre  diventa presente nel Figlio e il Figlio si fa presente nel Padre, per costituire cosi la Santissima Trinità come comunione dell’amore  supremo.

Lo Spirito Santo cosituisce l’orizzonte personale che  esclude la confusione tra  il Padre ed il Figlio e rende presente il Padre nel Figlio e il Figlio nel Padre.

Questa presenza del Padre nel Figlio e del Figlio nel Padre ha per la teologia ortodossa un significato particolare, perchè mette in risalto che  lo Spirito Santo  non e mai separato dal Figlio cosi come non si può separare dal Padre. I Padri della Chiesaa hanno sempre ricordato  la relaţione indissolubile tra il Figlio e lo Spirito Santo, le due braccia del Padre.

Cosi, San Atanasio  il Grande dice che „ Lo Spirto è inseparabile dal Figlio”(1, 63), perché „Dio creò i cieli con la Sua parola e con lo Spirito (l’Alito)  di Sua boca li adornò”. Benché Lo Spirito non è chemato Figlio, tuttavia  Lui non è mai fuori dal Figlio”.

Confesso di fronte a Dio, dice San Atanasio, che lo Spirito non si distacca  mai dal Figlio”. Come il  Padre è nel Figlio, cosi il Figlio è  nello Spirito.”

Il Padre opera tutto per il Figlio nello Spirito Santo”. Queste affermazioni  mettono in risalto il legame interiore e profondo tra il Figlio e lo Spirito Santo.  Non è possibile  parlare dello Spirito, senza parlare del Figlio, perché lo Spirito non si distacca mai dal Figilo, cosi come il Figlio non si distacca dal Padre. Il Padre opera tutto per Figlio, nello Spirito, dice lo stesso Atanasio il Grande, perché cosi si conserva l’unità della Santissima Trinita.

E vero che sul piano economico, lo Spirito viene dal Figlio, ma non viene da Solo, ma con il Padre e con il Figlio, perché l’interiorità delle persone divine l’Una nell’Altra, rende impossibile la  separazione nell’opera  comune della Santissima Trinita.

La Trinita economica non si separa mai dalla Trinita immanente. D’una parte, la Trinita immanente rimane identica con la Trinita economica, perché sono le stesse persone divine che incontriamo sia sul piano trinitario, sia sul piano economico.

D’altra parte, tra la Trinita immanente non si confonde con la Trinita economica, perché la Trinita immanente si riferisce alla natura  divina, mentre la  Trinita economica opea sul piano delle energie increate, che costituiscono il ponte dinamico tra Dio e l’uomo, insieme con la creazione.

Grazie alle energie increate la Santissima Trinita scende nel mondo, dal Padre, per il Figlio nello Spirito Santo, affinché l’uomo e la creazione trovi la comunione con la Trinita, nello Spirito Santo, per il Figlio, verso il Padre. Lo Spirito Santo è il termine dell’opera trinitaria nel mondo, tramite la quale la Santissima Trinita conserva il Suo legame dinamico con la creazione intera. Per questo, il libro della Genesi parla della prezenza dello Spirito di Dio, che allegiava sulle acque, nella creazione visibile (Gen 1, 2).

Sul piano della economia divina il Figlio incarnato conserva la stessa relazione interiore con lo Spirito, cosi come accade sul piano trinitario immanente. Sant’Atanasio il Grande dice che la presenza dello Spirto Santo in qualcuno, implica necessariamente la presenza della parola  di Dio incarnato, cioè  la presenza di Cristo.

Questo significa che lo Spirito viene nel mondo tramite (dia) il Figlio, ma non viene solo, ma  con il Figlio incarnato. Lo Spirito non si separa mai dal Figlio, nell quale riposa,  comme non si separa dal Padre, nell quale ha la Suo origine personale.

Secondo la volonta del Padre, il Figlio opera sempre nello Spirito Santo. Quando tratta dell’incaranzione del Figlio, Sant Atansio il Grande dice che” con la venuta dell Verbo nella Santa Vergine Maria, è venuto con Lui insieme anche lo Spirito Santo; la Parola  si è plasmato  în Essa il Suo corpo tra lo Spirito, perché Dio ha voluto  portare con Sè tutta la creazione al Padre e di riconciliare tutte le cose in Sè, quelle celesti e quelle terrestri.

Questa affermazione è molto importante, perché mette in rilievo che l’umanita di Cristo non ha avuto mai la sua propria iposatsi, perché dal momento della sua formazione, questa umanita è stata assunta nel iposasi divino del Figlio incarnato,  Dio et uomo, in modo inseparabile.

La relazione interiore tra lo Spirito e il Figlio di Dio, sul piano trinitario, supera ogni separazione artificiale tra Gesu della storia e Cristo della Gloria, sul piano economico, e sottolinea l’unione ipostatica indisolubile tra la Divintà e l’Umanita  di Cristo Gesu, Figlio di Dio incarnato, per la nostra salvezza.

La stessa relazione interiore tra Cristo e lo Spirito mette in relievo il legame indissolubile  tra l’opera di redezione compiuta da Cristo e la Sua umanita. L’opera  redemptoria del Signore ha due aspetti fondamentali: uno rivolto  verso il Padre, che ha risuscitato Cristo grazie al Suo sacrificio sulla croce, ed un altro rivolto verso l’umanita propria del Signore, che ha trasfigurato il suo corpo nel potere dello Spirito Santo, inseparabile legato a Lui.

Sotto questo aspetto, la redenzione non è centrata solamente nella croce, come accade nel primo aspetto, ma include tutti gli atti da Cristo compiuti per la salvezza del mondo.

L’incarnazione, la crocifissione, la resurrezione, l’ascensione e la glorificazione, sono atti tramite i quali Cristo ha trasfigurato il suo corpo, nello Spirito Santo,  fino a quando egli diventa sorgente della vita eterna. Il legame interiore tra Cristo e lo Spirito risulta  dal fatto che lo Spirito non scende nel mondo  fuori dal corpo del Signore, ma precisamente, tramite questo corpo glorificato e trasfigurato al massimo da Cristo stesso come Dio, nel potere dello Spirito Santo. Cosi si spiega, secondo la Rivelazione divina, il ruolo centrale che Cristo compie, come Nuovo Adamo, Dio e Uomo, nella vita della Chiesa e della creazione.

La trasfigurazione dell’umanità di Cristo ha una importanza capitale per la vita cristiana, dal punto di vista spirituale e morale. Questo significa che  la conoscenza di Dio  non implica  soltanto la mente, ma  anche il cuore,  perché questa conoscenza si realizza tramite un processo personale di  purificazione  e perfezionamento morale e spirituale del fedele, con l’aiuto di Cristo stesso e dello Spirito Santo nella Chiesa.

La teologia ortodossa considera che la conoscenza di Dio rimane fondata sull’esperienza apofatica del nostro incontro personale con Dio, tramite la preghiera  e il digiuno, che hanno il ruolo di contribuire al progresso spirituale e morale del fedele. Mi sembra molto importante che anche Papa Giovanni Paolo II parla con molto interesse sulla conoscenza apofatica di Dio:

„Quanto l’uomo progredisce nella conoscenza di Dio, dice il Papa, tanto lo intuisce come „Mistero” ineffabile, che rimane inaccessibile  nella  Sua essenza.

Non si tratta di un misticismo oscuro che spinge l’uomo a perdersi nelle relazioni enigmatiche. Al contrario, i cristiani dell’Oriente  invocano Dio come Padre, Figlio e Spirito Santo, come persone viventi, commovente presenti, per la quale si innalza una liturgia solenne, maestosa e semplice. Soltanto grazie al silenzio dell’adorazione puoi avvicinarti a questa presenza, perche al di la della conoscenza e dell’ esperienza di Dio, si trova la trascendenza assoluta, l’apofatismo”.

L’importanza dell’apofatismo consta sia nel fatto che costituisce il rimedio efficiente contro il razionalismo che cerca  di concepire Dio secondo l’immagine dell’uomo, allora quando l’uomo e stato creato al l’imagine di Dio, sia per il fatto  che implica  l’essere del fedele nel processo stesso della conoscenza, sia la mente che il cuore, l’anima che il corpo.

Sua Santita, il Papa dice che” l’affermazione  che il corpo e chiamtao a partecipare alla lode e alla bellezza con il cosmo, costituisce uno dei termini privilegiati del l’Oriente per esprimere l’armonia divina e il modo dell’umanita trasfigurata”.

Questa armonia è precisamente il risultato della cristologia pneumatologica e della  pneumatologia cristologica.

Uno degli aspetti specifici della teologia ortodossa risiede nel legame indissolubile tra Cristo e il cosmo, che  trova la sua esperesione nella dimensione cosmica della salvezza în Cristo.

Questo aspetto ha la sua spiegazione nel fatto che Cristo  nello Spirito  e lo Spirito nel Cristo hanno un legame interiore non soltanto con l’ uomo, ma anche con tutta la creazione.

Nello Spirito Santo, Cristo rimane, nello stesso tempo, il Logos Creatore e il Logos Redemptore, e lo Spirito Santo in Cristo, abita non soltanto l’anima dell’uomo, ma tutta la creazione visibile.

Nella misura nella  quale Cristo ha trasfigurato il suo corpo, nel potere dello Spirito Santo, ha trasifgurato nello stesso tempo, e nella stesso potere dello Spirito, tutta la creazione, perche tra Cristo e il cosmo esiste un legame intâzeriore nello Spirito Santo.

Questo legame  è stato messo in riliveo da Sant’Atanasio il Grande, nella sua ricostruzione cosmologica da lui intrapressa per spiegare l’incarnazione del Figlio di Dio tramite lo Spirito Santo, nel  mondo naturale. In questo senso, Sant’Atanasio dice che „la Parola omnipotente e santa del Padre, inhabitando  e  stendendo i Suoi poteri  dappertutto e illuminando  tutte le cose visibili e invisibili, le tiene e le raccoglie in Se stesso, senza lasciare alcunché fuori  dal Suo potere, infondendo la vita a tutti e vegliando tutte insieme e ciascuna in parte, plasma un solo mondo e un ordine  bello e armonioso del cosmo,  Lui stesso rimanendo immobile, ma movendole tutte secondo la benevolenza del Padre, nel potere dello Spirito Santo”.

Questa ordine cosmica, fondata sulla relazione indissolubile tra la parola e lo Spirito del Padre, ha una importanza capitale sotto numerevoli aspetti.

Prima di tutto, supera la separazione artificiosa tra l’umanità e la divinità di cristoe, e mette in  risalto che Cristo rimane Dio e Uomo sia nel cielo che sulla tera. In secondo luogo, questo ordine cosmico sottolinea l’unità della creazione intera  e supera la teoria della doppie verità religiosa e scientifica, favorando cosi il dialogia o tra  la teologia e la scienza.

In terzo luogo, questo ordine universale mette in rilievo la dimensione cosmica della salvezza in Cristo, secondo la quale il mondo nel quale viviamo non è destinat a morire, ma a  diventare cielo nuova e terra nuova nel Regno eterno di Dio.

Il modo creato in principio e restaurato potenzialemnte in Cristo, sara pienamente trasfigurato  alla parusia del Signore. La relazione inseparabile tra Cristo e lo Spirito, che procedono insieme dal Padre solo, costituisce la base per la cristologia pneumatologica e la pneumatologia cristologica, secondo la quale il mondo naturale non è destinato all’inquinamento irresponsabile dell’uomo, ma a diventare mondo trasfigurato, Tabor generalizzato e Pentecoste universale nel Signore  Spirito (II Cor. 3. 18),  alla fine degli secoli.

Rev. Prof. Dumitru Popescu

Despre Ortodoxie şi etnocraţie cu Profesorul Nichifor Crainic [10]

Nichifor Crainic, Ortodoxie şi etnocraţie. Cu o anexă: Programul statului etnocratic, cu studiu introd, îngrij. de ed. şi note de Constantin Schifirneţ, Ed. Albatros, Bucureşti, 1997, 288 p.

***

Odată cu p. 139 avem capitolul intitulat: Naţionalismul sub aspectul creştin. Şi prima propoziţie a capitolului e aceasta şi e adevărată: „naşterea Mântuitorului înseamnă sfârşitul religiunii [religiei n.n.] mozaice”, cf. Ibidem. Mozaismul a descoperit lumii că va veni Mântuitorul, pe când în creştinism această făgăduinţă mesianică s-a împlinit, cf. Ibidem.

Crainic ia atitudine împotriva doctrinarilor rasismului, care vor să excludă Vechiul Testament dintre „cărţile fundamentale ale creştinismului” şi îi denumeşte drept „eretici”, cf. Ibidem.

VT pentru Biserica Ortodoxă nu este o carte naţională ebraică, ci una revelată, „e o carte sfântă, inspirată de Dumnezeu, e o prefaţă a Evangheliei, un fragment din revelaţia dăruită prin Iisus Hristos”, p. 140. „Vechiul Testament s-a încorporat în creştinism, funcţiunea lui independentă luând sfârşit pentru totdeauna”, p 140.

Însă, tuşează autorul, !evreii…cu şovinismul lor orb, de un exclusivism sălbatic, au refuzat să creadă că profeţiile Vechiului Testament s-au împlinit în Iisus Hristos. Egotismul lor n-a putut să tolereze ideea unui Mântuitor întrupat pentru toate neamurile pământului. L-au voit exclusiv pe seama evreilor”, p. 140.

De aceea Talmudul ebraic este o caricaturizare a profeţiilor mesianice, „tăgăduind pe Iisus Hristos şi născocind speranţa unui alt Mesia, nu pentru toate neamurile, ci proprietatea exclusivă a evreilor”, cf. Ibidem.

Autorul numeşte Talmudul pe drept cuvânt o „răstălmăcire diabolică a Vechiului Testament” şi o expresie a „urii celei mai grozave împotriva Mântuitorului Iisus Hristos şi împotriva creştinilor. Spiritul lui e spiritul crud al lui Irod, ucigaşul celor paisprezece mii de prunci nevinovaţi şi spiritul crimei de pe Golgota”, p. 140.

Şi iarăşi subliniem aceste lucruri, pentru ca toţi cititorii noştri să înţeleagă corect demersul nostru: dacă spui adevărul despre un lucru istoric nu înseamnă că împingi pe alţii la antisemitism, ci expui adevărul în mod fidel, recuperezi adevărul istoric pentru noua generaţie, ca să înţelepţeşti pe oameni şi nu să-i faci extremişti. Antisemitismul real e propovăduirea diabolică a luptei împotriva unui neam, oricare ar fi el, ceea ce noi nu vom face niciodată pe această platformă teologică şi culturală. Noi ne propunem să inventariem adevărurile acestei cărţi, cât şi altele de diverse facturi, şi asta nu pentru a pune foc pe paie împotriva vreunei naţiuni. Adevărata exprimare a credinţei ortodoxe, cum spuneam şi în articolul anterior dedicat lui Crainic, înseamnă iertare şi înţelegere, nu revanşă şi intoleranţă. Însă, ca să mergi mai departe, trebuie să cunoşti trecutul, trebuie să înţelegi de ce relaţiile dintre noi sunt încordate sau nu există de-a dreptul.

„Această ură obscură e infiltrată de rabini în copii [ura împotriva creştinilor ortodocşi, ură pe care şi alte culte o propovăduieşte n.n.], cari trebuie să scuipe când văd crucea şi să întoarcă în altă parte capul când trec pe lângă o biserică.

Au fost surprinşi la Cluj copilaşi evrei cari, în cărţile lor de şcoală, desfiguraseră în batjocură chipurile creştine; alţii, în Basarabia, mânjind cu spurcăciune troiţele. La cercetare, au declarat că aşa i-au învăţat rabinii”, p. 141.

Din păcate asemenea elemente revanşarde există în predica multor comunităţi, ortodoxe sau eterodoxe, care duc la învrăjbire păgubitoare pe oameni Şi asta, pentru că se folosesc de anumite întâmplări, de anumite probleme intercomunitare, pentru a extinde pata neagră a discreditării peste toţi dintr-un cult sau dintre-o religie anume.

Autorul vorbeşte despre mărturia lui Mihail Wieder, director de şcoală rabinică din Ardeal, convertit la Ortodoxie, care a dat elemente probatoare despre cum persecută evreii pe cei care se convertesc la Ortodoxie şi despre modul în care nu acceptă pe alţii, „din altă rasă, [ca] să participe la speranţa în Mesia cel rezervat iudeilor”, p. 141.

Talmudul îi consideră pe creştini atei, atei pe care vrea să-i domine, şi nu îi consideră „mărturisitori ai credinţei evreieşti”, p. 141, adică propovăduitori ai VT.

„Talmudul e izvorul de unde porneşte în lume acţiunea masonică de discreditare a creştinismului şi acţiunea marxistă de ateizare violentă a popoarelor”, p. 141. Deci autorul vedea în Talmud, în acest comentariu de falsificare al profeţiilor mesianice vechitestamentare atât baza fundamentală a doctrinei masonice cât şi pe cea a marxismului, punându-le pe ambele pe seama extremismului revanşard evreiesc.

Autorul afirmă că poporul evreu luptând cu Hristos nu face decât să se autodistrugă, p. 142, ceea ce e cu totul adevărat. Rabinismul a acaparat francmasoneria şi acţiunile masonice sunt agresiuni rabinice în ultimă instanţă împotriva creştinilor, şi prin ei, împotriva lui Hristos Dumnezeu, cf. Ibidem.

Autorul considera concepţia psihanalitică a lui Freud, în care acesta reduce pe om la instinctul sexual din el sau prin sexualitate, în mod exclusiv, explică toată manifestarea psihologică a omului, tot o „agresiune rabinică”, p. 142.

Talmudul îşi propune să ateizeze lumea pentru ca să o domine, cf. Ibidem. „Niciun evreu nu ia atitudine contra francmasoneriei; dar toţi o apără. Niciun evreu contra socialismului şi a comunismului; dar toţi apără marxismul. Rabinul Niemerower a declarat deunăzi în Senatul României că ar fi blamat comunismul dacă nu s-ar fi temut că, prin aceasta, supără poporul evreiesc”, p. 143.

Scriitorii, savanţii şi filosofii evrei care se consideră atei atacă cu toţii creştinismul dar nu şi Talmudul, p. 143. Crainic afirma că Europa vremii lui trăia sub presiunea acestui război ideologic, adică războiul Talmudului contra Evangheliei lui Hristos Dumnezeu, p. 143. Se pare că acum nu trăim numai agresiunea evreiască asupra creştinismului ortodox, ci acum o trăim şi pe cea musulmană şi trăim, mai ales, agresiunea ateismului ştiinţific generalizat sau a apatiei pentru tot ce înseamnă valoare personală şi socială.

„Tactica iudaică e dublă”, subliniază autorul: „intoleranţă înspăimântătoare şi crimă până la desfiinţarea poporului întreg acolo unde evreul se simte stăpân pe situaţia politică, aşa ca în Rusia şi în Spania; apel la toleranţă creştină acolo unde evreul se simte în stare de inferioritate”, p. 144. E un mare adevăr istoric, e un adevăr dureros această duplicitate, care nu ajută nici pe evrei şi nici pe neevrei!

„Evreul nu poate niciodată să trăiască indiferent faţă de creştin, cum trăieşte creştinul faţă de el. […] Pentru el a trăi este a agita permanent în sensul negaţiei şi al distrugerii”, p. 144.

„Crescut în groaznica ură anticreştină, el vrea să profite de iubirea evanghelică în favoarea urii talmudice”, p. 144. Cam aşa procedează şi cultele neoprotestante de mai mult de o jumătate de secol încoace în România.

Deşi multe dintre cultele neoprotestante, înainte şi după regimul Ceauşescu au avut şi au raporturi ambivalente cu statul sau îl neagă în mod subteran, când vine vorba să câştige teren în faţa Bisericii Ortodoxe Române, apelează le legislaţie şi la oamenii lor infiltraţi în conducerea statului pentru a aduce beneficii cultelor ca atare.

Duplicitatea ebraică împotriva Ortodoxiei e la fel ca duplicitatea neoprotestantă împotriva ei. Oricum am analiza lucrurile ajungem la intoleranţă fundamentală din partea celor care ne agresează în propria noastră ţară, pentru că românii nu cred că au vreun plan de agresare religioasă a Israelului sau a Americii. Noi suntem agresaţi mai mult sau mai puţin amiabil. Şi această agresiune este sub-legală, ca să nu mai spun mai mult.

Toleranţa pe care evreii o cer creştinilor ortodocşi, spune Crainic, nu e creştină ci democratică, p. 145. Evreii cer ortodocşilor să facem abstracţie, să fim indiferenţi la rasa şi religia pe care o au. „Dar indiferenţa de rasă înseamnă tâmpirea conştiinţei morale şi spirituale. Aceasta e toleranţa democratică, toleranţa întrupată în doctrina iudeo-francmasonică. Aceasta nu e însă toleranţa creştină. Toleranţa creştină nu înseamnă morfinizarea masonică a conştiinţei unui neam pentru a nu mai vedea cum îţi baţi joc de soarta lui. Toleranţa creştină porneşte dintr-un cuget extrem de viu şi de vigilent. Ea e omenoasă cu cel omenos, ea e îngăduială [îngăduinţă n.n.] faţă de cel ticălos în speranţa îndreptării lui.

Când tu însă perseverezi diabolic, cu luciditate calculată, în voinţa de a-mi distruge credinţa, în numele căreia te tolerez, ai pierdut dreptul la beneficiul ei. Un creştin care ar tolera distrugerea credinţei lui şi a semenilor lui, acela încetează să fie nu tolerant, ci creştin.

A tolera batjocorirea credinţei tale proprii e lucru diavolesc; e complicitate cu Satana”, p. 145.

Îi dăm dreptate lui Crainic în această poziţie. Pentru că oricine atentează la credinţa şi integritatea fizică şi psihică a altuia e un criminal, e un om resentimentar şi nu un mozaic, un musulman sau un creştin ortodox. Din punctul nostru de vedere oricine atentează la credinţa altuia şi doreşte să elimine cu forţa din viaţa aceluia un crez, o afiliere activă la un crez, săvârşeşte un lucru impropriu demnităţii de om şi de creştin ortodox.

Crainic însă, cu mult echilibru, spune că nu trebuie să eliminăm din Biserică pe creştinii convertiţi dintre evrei, p. 146. Cum am putea să o facem sau cum am îndrăzni să facem această nebunie, dacă ei sunt ai lui Hristos? Aceasta este o părere venită din partea extremismului naţionalist şi nu dintr-un simţământ creştin, cf. Ibidem. Cu totul adevărat!

Evreii pot fi creştini, se pot încreştina, pentru că aşa a pornit creştinismul apostolic: de la încreştinarea evreilor, p. 146.

Biserica Ortodoxă nu închide „nimănui porţile în numele ideii de rasă”, p. 147. Cum nu închide porţile niciunui om care vrea să se convertească de la orice religie, sectă sau de la ateism şi nihilism.

„Biserica poate încreştina din nou creierul şi inima modernă, atât de înstrăinate de credinţa strămoşilor lor”, p. 148.

În p. 148 autorul răspunde întrebării: de unde sciziunea între ţărani şi intelectuali în România ?; o sciziune care rezistă şi astăzi. De unde deci ruptura dintre „colectivismul ţărănesc” şi „individualismul cărturăresc”?, p. 148. Şi autorul spune că această ruptură are la bază două tradiţii diferite, pentru că sufletul ţăranului a „rămas în tradiţiile Ortodoxiei”, p. 148, pe când „sufletul intelectualului [ a fost] sedus de ideologia Revoluţiei Franceze, a cărei paznică ocultă a mai rămas francmasoneria. Sunt două lumi care şi-au ajuns duşmane. În orice caz, duşmănia de sus este evidentă în sistemul de exploatare a păturilor populare, instaurat de individualismul democratic”, p. 149.

Însă, precizează foarte corect Crainic, ţăranul nostru nu e colectivist ci el „trăieşte într-un mare sentiment de solidaritate. Solidaritate cu semenii săi şi solidaritate cu natura. Colectivismul e o formulă de economie politică şi are un sens materialist. Ţăranul nostru nu e materialist, iar sub raport economic, gospodăreşte pe seama sa şi a familiei sale.

Dar dacă el lucrează când lucrează toată lumea şi cum lucrează toată lumea, o face dintr-un adânc sentiment de solidaritate, cristalizat în formele obiective ale datinii. Această solidaritate, devenită regulă de viaţă, e pecetea Ortodoxiei în spiritul românesc”, p. 149.

Individualismul moral al intelectualilor ţine de ideologia modernităţii şi de aceea nu mai simte, „nu mai trăieşte în solidaritatea spirituală a neamului”, p. 149. „Naţionalismul reprezintă formula integrală a solidarităţii spirituale în care trăieşte încă ţăranul nostru”, cf. Ibidem. Şi aici prin solidaritate trebuie să înţelegem această întrajutorare şi frăţietate la propriu a ţăranilor creştini ortodocşi, şi când vine vorba de marile evenimente ale vieţii lor [ Botez, Cununie, Înmormântare], cât şi în diverse circumstanţe.

„Statul e însăşi naţiunea organizată dinamic”, p. 151. Şi Crainic simţea că peste România o să se abată „iudaizarea marxistă” a României şi că acest sistem politic statal va reprezenta „un stat împotriva naţiunii româneşti”, p. 151.

Odată cu p. 153 începe un alt capitol intitulat „Spiritul autohton”, capitol în care autorul militează pentru „primatul spiritului autohton” în viaţa României, cf. Ibidem.

Autohton înseamnă pământ, cetate, patrie şi neam propriu, p. 154. De aceea, autorul declară: „sunt proprietarul firesc al unui pământ, sunt proprietarul moral al unei patrii, sunt proprietarul politic al unui stat în măsura în care toate aceste lucruri se contopesc în conştiinţa unei destinaţii superioare, vrednică să trăieşti, să suferi, să te bucuri şi chiar să mori pentru ea.

Statul însuşi n-ar avea decât o semnificaţie biologică dacă lumea spiritului n-ar da contur şi adâncime tuturor acestor lucruri ce alcătuiesc specificul personalităţii naţionale. E de prisos să spunem că sensul acestei personalităţi e un atribut al culturii”, p. 155.

„În viaţa naţională, cultura e învestită prin natura ei cu privilegiul sentimentului de proprietate, care e însăşi temelia statului. Ea e într-adevăr naţională în măsura în care exprimă complexul de proprietăţi autohtone”, p. 156.

„Precum nu ne putem cunoaşte chipul trupesc decât în oglindă sau în portret, tot astfel chipul spiritual al neamului sau personalitatea lui n-o putem cunoaşte decât în oglinda culturii proprii, în acest portret magnific, pe care i-l plăsmuiesc împreună poezia, artele plastice, muzica, filosofia şi ştiinţa. Rolul ei este acela de a-i pune în faţă imaginea ideală închegată din lamura tuturor manifestărilor şi aspiraţiilor lui”, p. 156.

Mistero Trinitario

[text manuscriptic, note pentru curs]

La Santissima Trinità costituisce la dottrina fondamentale della Rivelazione divina del Nuovo Testamento e del cristianesimo, secondo la quale la Deità sussiste nella Trinità delle persone divine di Padre, Figlio e lo Spirito Santo.

La Trinità ripresenta il dogma cardinale del cristianesimo, che ha profonde implicazioni nel campo intero dell’insegnamento cristiano. Nella luce della teologia ortodossa, la Santissima Trinità costituisce il fondamento ultimo della comunione, dove l’unita della sostanza divina s’incontra con la diversità delle persone.

Nel Vecchio Testamento, Dio si rivela come un Dio Unico e personale (Es 20, 2-3; Dt 6, 4; Is 43 10-11); e questa rivelazione è confessata anche dal Nuovo Testamento (Mc 12, 29; Gv 17, 3).

Tutta la Bibbia riposa sulla concezione monoteista di Dio. Nella storia del Vecchio Testamento, Dio si rivela come Persona, che conclude l’Alleanza con il popolo d’Israele (Gen 17, 2) per la benedizione e a salvezza di tutti i popoli. Per questo Dio dice d’una parte che „vi prendo per mio popolo e sarò il vostro Dio e voi conoscerete che Io sono il Signore” (Es 6, 7); e d’altra parte, si rivolge ad Abramo dicendo che „in te saranno benedetti tutti i popoli della terra” (Gen 12, 2). Dio conclude l’Alleanza con il popolo d’Israele per la salvezza di tutto il mondo in Cristo.

Nell’epoca del Vecchio Testamento, Dio si e rivelato anche come Trinità di persone, ma in modo poco chiaro, perché il popolo ebreo era circondato da popoli inclinati verso il politeismo. Tuttavia nel Vecchio Testamento si possono trovare riferimenti alla Parola di Dio (Sal 106, 20; 118, 89) o allo Spirito di Dio (Sal 32, 6; 103, 30-31; Gb 33,4), ma non è questione di Persone, quanto di poteri dello stesso Dio.

Tuttavia nel Vecchio Testamento esistono alcune affermazioni secondo le quali Dio parla al plurale, dicendo: „Facciamo l’uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza” (Gen 1, 26), quando ha creato l’uomo; o dopo la caduta d’Adamo, quando dice allo stesso modo: „Ecco, l’uomo e divenuto  uno come noi” (Gen 3, 22), come se si trattasse di un consiglio tra le persone divine.

Un significato simile hanno le tre parole: „Santo, Santo, Santo” nel libro di Isaia (6, 3), e l’apparizione di tre uomini ad Abramo, presso la Quercia di Mamre (Gen 18, 2). Ma in generale, la dottrina fondamentale del Vecchio Testamento rimane monoteista. Per questo il Dio del Vecchio Testamento non é il Dio dell’amore ma della giustizia, perché Dio era monopersonale.

Il Nuovo Testamento confessa la stessa fede monoteista del Vecchio Testamento, ma in questo caso si tratta di un monoteismo trinitario, rivelato da Cristo stesso, il nostro Salvatore.

Nel Vangelo le tre persone divine sono presentate sia in modo separato l’Una dall’Altra, sia due insieme, sopratutto il Padre e il Figlio, sia le tre insieme. La Trinità delle Persone divine è rivelata da Cristo in modo esplicito, sia quando manda gli Apostoli per proclamare il Vangelo: „Andate dunque e fate miei discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre del Figlio e dello Spirito Santo” (Mat 28, 19); sia quando parla dello Spirito Santo come Consolatore e Spirito di verità che procede dal Padre e che gli renderà testimonianza (cf. Gv 15, 26); o quando si tratta del battesimo del Signore, dove lo Spirito di Dio scende come una colomba sopra di Lui e una voce dal cielo dice: „Questo è il mio Figlio diletto, nel quale mi sono compiaciuto” (Mt 3, 16-17).

L’Apostolo Paolo parla della Santissima Trinità nella sua lettera ai Corinzi quando dice: „La grazia del Signore Gesù Cristo e la carità di Dio, comunicate dallo Spirito Santo, siano con tutti voi” (2 Cor 13, 13). Il Nuovo Testamento costituisce la rivelazione suprema di Dio come Trinità.

L’insegnamento cristiano del Dio Unico nella Trinità delle persone si è cristallizzato dall’inizio della missione cristiana nel mondo antico, e ha trovato la sua espressione adeguata  nei simboli della fede del secondo secolo, e nelle definizioni dei concili ecumenici del primo millennio della storia  cristiana.

Un ruolo molto importante, nella definizione della dottrina trinitaria, l’hanno avuto Atanasio il Grande, Cirillo d’Alessandria, Gregorio Nazianzeno, Basilio il Grande, Massimo il Confessore, Giovanni Damasceno e molti altri. Tutti hanno lottato contro le eresie antitrinitarie, soprattutto l’arianesimo e il macedonesimo, del quarto secolo, e hanno messo in rilievo il mistero trinitario rivelato da Cristo nelle sue parole rivolte al Padre: „Come Tu sei in Me, o Padre, ed Io in Te, che siano anch’essi  una sola cosa in noi, affinché il mondo creda che Tu Mi hai mandato”. (Gv 17, 21).

Per mettere in rilievo il senso profondo del mistero trinitario, i padri della Chiesa hanno sottolineato, in primo luogo, l’identità propria di ciascuna persona divina, dicendo che il Padre, come Sorgente della natura divina e di ogni opera divina (arché), è senza nascita e senza principio. Che il Figlio è nato, ma senza principio, come il Padre.

Che lo Spirito Santo procede dal Padre e riposa nel Figlio, rimanendo eterno con il Padre e il Figlio. Tutte le persone agiscono insieme, in modo inseparabile, ma ciascuna in modo suo proprio. San Cirillo d’Alessandria dice che ogni opera divina viene dal Padre, si manifesta tramite il Figlio e si perfeziona nello Spirito Santo.

La creazione del mondo e attribuita al Padre, la redenzione al Figlio e la santificazione allo Spirito Santo. Ma secondo la parola di San Basilio il Grande abbiamo „una sola fonte per tutto ciò che esiste, che crea per il Figlio, e realizza nello Spirito Santo”.

Benché ciascuna Persona divina agisce în modo proprio, l’opera divina è comune a tutta la Trinità. (Per questo lo Spirito di Dio aleggiava sulle acque, all’inizio del mondo visibile).

Il fatto che le persone divine hanno la loro identità propria e agiscono insieme (in modo proprio), evidenzia che la persona rimane irriducibile alla natura, per non confondersi con essa, in modo collettivo.

In secondo luogo, la teologia patristica ha superato la separazione artificiale tra natura e persona, sottolineando il legame interiore dell’una con l’altra. La natura divina non è omogenea e chiusa in se stessa, nella sua costituzione interiore, rimanendo separata dalla persona, ma ha un carattere relazionale che costituisce il legame interiore con la persona.

È necessario che la natura divina sia vista in modo simultaneo come unità/relazione: come relazione nel seno dell’unità. Questo è il motivo principale per il quale i padri orientali dicono che contemplando la Trinità vediamo l’unità, e contemplando l’unità scopriamo la Trinità come comunione e relazione.

Il legame interiore tra persona e natura divina mette in rilievo il fatto che la natura divina costituisce il contenuto comune delle persone trinitarie, e che rende possibile la comunicazione esenziale tra loro.

In terzo luogo, la teologia ortodossa ha messo in rilievo che lo Spirito Santo, che procede dal Padre, rimane e riposa sempre nel Figlio. Lo Spirito Santo, come Spirito dell’amore, non passa oltre il Figlio, perché il Figlio rimane la Persona divina sopra la quale il Padre riversa il suo amore tramite lo Spirito.

In questa luce, lo Spirito costituisce la Persona tramite la quale il Padre manifesta il suo amore verso il Figlio e il Figlio verso il Padre, per costituire la Trinità come comunione suprema. Il ruolo dello Spirito Santo come persona è di costituire il legame interiore tra il Padre e il Figlio, che rende possibile la presenza del Padre nel Figlio e del Figlio nel Padre.

È vero che Cristo prega il Padre che tutti siano uno, ma nel senso della presenza reciproca di una persona nell’altra, perché la comunione trinitaria non ha niente a che fare con l’individualismo, dove le persone rimangono separate (presenza esteriore), una di fronte all’altra; o con il collettivismo, dove la persona sparisce nella massa impersonale della natura.

La vera comunione si fonda sulla presenza interiore d’una persona nell’altra, perché la natura divina, come contenuto delle persone, supera ogni separazione individualista tra le persone, e perché l’identità propria di ciascuna persona supera ogni confusione collettiva nel seno della Santissima Trinità.

San Giovanni il damasceno dice che: „Queste ipostasi sono l’Uno nell’Altro non per confondersi ma per contenersi reciprocamente”. Su questa base la Trinità costituisce la struttura del supremo amore.

Sull’importanza dell’esistenza reciproca delle persone divine l’Una nell’Altra, ce ne parla un famoso esegeta cattolico, De la Ppotterie, che ha studiato approfonditamente l’uso del verbo „rimanere” nella teologia e nella spiritualità di San Giovanni Evangelista.

Sostiene che il verbo „rimanere in” è molto frequente negli scritti giovannei: compare 60 volte contro le 12 volte dei Sinottici, e le 17 delle Lettere di san Paolo. Nonostante ciò, il verbo „rimanere” non ha avuto molta attenzione nell’esegesi moderna. Non ha niente in comune con il Vecchio testamento, lo gnosticismo o l’ellenismo. L’insistenza sulla dimensione di interiorità, implicita nel verbo „rimanere”, è tipicamente giovannea. L’Evangelista mette in questo modo l’accento sul carattere di immanenza tra le persone, o sul piano trinitario o sul piano dell’economia divina, vale a dire delle persone divine nei fedeli”.

Nel campo del mistero trinitario non c’è posto per le relazioni esteriori che apartengono al mondo naturale. Quando lo Spirito Santo è considerato come nexus amoris, intercalato tra il Padre e il Figlio, secondo le relazioni esteriori del mondo naturale, non è più possibile parlare sulla presenza del Padre nel Figlio e del Figlio nel Padre. Si chiede che „tutti siano uno”, ma non si parla più sull’in-esistenza reciproca delle persone. Le relazione trinitarie hanno un carattere apofatico, molto differenti dal mondo naturale.

L’apofatismo ha un ruolo estremamente importante nel campo della teologia ortodossa, perché preserva il mistero trinitario contro il razionalismo e spinge l’uomo alla conoscenza esperienziale di Dio. Sono molto importanti, sotto questo punto di vista, le parole di Papa Giovanni Paolo II: „Quanto l’uomo progredisce nella conoscenza di Dio, tanto lo intuisce come ‘Mistero’ inaccessibile, insensibile nella sua essenza. Non si tratta di un misticismo oscuro, che spinge l’uomo a perdersi nelle relazioni enigmatiche. Al contrario, i cristiani d’Oriente invocano Dio come Padre, Figlio e Spirito Santo.

Come persone viventi, commovente presente, per la quale si innalza una liturgia solenne, maestosa e semplice. Soltanto grazie al silenzio dell’adorazione puoi  avvicinarti a questa presenza, perché al di là della conoscenza e della esperienza di Dio si trova la trascendenza assoluta, l’apofatismo”.

L’apofatismo considera che la conoscenza di Dio riguarda l’uomo intero, la mente e il cuore, e chiede da parte dell’uomo uno sforzo personale, con l’aiuto della grazia increata, per il suo perfezionamento spirituale e morale.

L’apofotismo possiede un aspetto negativo ed uno positivo. Da una parte sottolinea la trascendenza e l’incomprensibilità di Dio, che nessun uomo ha mai visto, né può vedere; dall’altra parte proclama la possibilità di un incontro „faccia a faccia” con il Dio in conoscibile, di una unione diretta con l’inaccessibile. Per esprimere questa duplice verità, che Dio è contemporaneamente nascosto e rivelato, trascendente e immanente, la teologia ortodossa opera una distinzione tra l’essenza divina e le energie divine. L’essenza (ousia) vuol dire Dio come Egli è in se stesso; le energie (energiai) significano Dio in azione, Dio in quanto rivela se stesso.

L’essenza resta per sempre al di là di ogni partecipazione e conoscenza, in questo secolo come in quello futuro; come non può essere compresa né dagli uomini né dagli angeli, ma unicamente dalle stesse tre divine Persone.

Allo stesso tempo, però, le energie divine, che sono Dio stesso, riempiono tutto l’universo e tutti possono parteciparvi per grazia. Così Dio, „essenzialmente incomprensibile”, è rivelato „esistenzialmente” attraverso le sue „energie”.

Tale dottrina delle energie immanenti implica una visione intensamente dinamica delle relazioni tra Dio e il mondo. Il cosmo intero è un vasto roveto ardente compenetrato ma non consumato dal fuoco increato delle energie divine. Queste energie sono „Dio in noi”.

Alla fine vorrei sottolineare che l’uomo contemporaneo è arrivato, con il concorso della scienza e della tecnica, a dominare la natura esteriore del mondo. Ma nello stesso tempo si è allontanato da Dio e ha perso il potere di dominare se stesso e le forze irrazionali che lo confrontono con l’interiore del suo essere.

In questa situazione, il compito della spiritualità cristiana non è quella di condannare la parte passionale dell’essere umano, come dicono i padri, ma di contribuire al suo cambiamento e alla sua conversione dal male al bene, nella Chiesa, con il potere dello Spirito Santo e con l’aiuto della preghiera, dell’ascesi e dell’amore verso il prossimo.

La Chiesa è lo spazio dove il cristiano diventa capace di realizzare il più grande miracolo, quello di trasformare l’egoismo nell’amore, per portare in se stesso Dio e il prossimo, secondo la volontà del Signore (Gv 17, 21).

Si afferma spesso che non c’e salvezza fuori della Chiesa, e la spiegazione sta nel fatto che Dio è amore e nessuno può avvicinare Dio senza rimanere nella comunione della Chiesa. Ogni uomo è capace di cadere da solo nel peccato, ma si salva soltanto nella comunione ecclesiale. In questa luce, la divisione della Chiesa di Cristo costituisce un peccato contro la comunione trinitaria e contro la comunione della Chiesa stessa.

All’inizio del terzo millennio abbiamo il compito di restaurare la comunione della Chiesa di Cristo per non costituire più uno scandalo di fronte al mondo e per contribuire al progresso spirituale e morale del uomo secolarizzato.

La persistenza della divisione nella vita della Chiesa di Cristo significa che l’egoismo e il confessionalismo è più forte dell’amore trinitario.

Rev. Prof. Dumitru Popescu